Non c’è bisogno di un giudice se si decide che il genitore non affidatario paghi la quota le spese mediche e scolastiche ordinarie per i figli.
In Italia, dopo una separazione, la responsabilità per le spese scolastiche dei figli è divisa tra i genitori: le spese ordinarie, come i libri e il materiale scolastico di uso comune, sono di solito coperte dall’assegno di mantenimento.

Le spese straordinarie, come le tasse d’iscrizione a scuole private, lezioni private o gite, vanno invece generalmente divise in parti uguali tra i genitori (o in proporzione ai loro redditi), ma richiedono il consenso preventivo dell’altro genitore, a meno che non si tratti di spese necessarie, come una scuola privata che impedisce la frequenza di quella pubblica. Sono a carico del genitore presso cui i figli sono collocati, ma sono coperte indirettamente dall’assegno di mantenimento che il genitore non collocatario versa all’altro, secondo quanto stabilito dal giudice.
Le spese straordinarie che richiedono consenso sono l’iscrizione a istituti privati, ripetizioni, lezioni private, corsi di perfezionamento (lingue, informatica), viaggi d’istruzione che prevedono il pernottamento.
Le spese vengono ripartite tra i genitori, solitamente in parti uguali (50% ciascuno), ma il giudice può stabilire quote diverse in base ai redditi.
Spese scolastiche dei figli: chi le paga in caso di separazione
Per le spese che lo richiedono, il genitore che le propone deve fare una richiesta scritta all’altro genitore. L’altro genitore deve rispondere entro 10 giorni; se non risponde o non motiva il dissenso, si considera un tacito assenso.

La ripartizione delle spese può essere stabilita in un accordo tra i coniugi (separazione consensuale) o attraverso un provvedimento del giudice (separazione giudiziale). In caso di disaccordo, il giudice deve verificare che la spesa sia nell’interesse del figlio e sia sostenibile, considerando le condizioni economiche di entrambi i genitori. II genitore creditore deve però fornire, allegata al precetto, idonea documentazione che dimostri le spese sostenute.
Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione. Il dubbio nasce da una disputa nella quale un uomo proponeva opposizione all’esecuzione in relazione al precetto con cui gli era stato intimato il pagamento della somma complessiva di € 3.015,92, di cui € 2.834,44 a titolo di rimborso di spese straordinarie dalla ex coniuge sostenute in favore delle figlie.
Il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione dell’uomo, mentre il tribunale in appello richiesto dalla donna, riformava la decisione del primo giudice, affermando di non condividere l’orientamento dei primi giudici, e nella fattispecie sulla necessità di allegare al precetto la documentazione attestante le spese sostenute, e ciò perché esse erano allegate e sufficientemente determinabili, non necessitando anche l’allegazione della documentazione.